“Stiamo verificando l’opportunità di depositare una segnalazione affinché l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato torni ad interessarsi delle dinamiche del mercato autostradale con particolare riguardo alla qualità del servizio e al prezzo dei prodotti venduti nelle aree di sosta”. E’ quanto ha dichiarato Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori (http://www.consumatori.it), riferendosi ai dati emersi dalla campagna dell’associazione dedicata alla qualità della ristorazione autostradale.
Gli esiti della nostra recente campagna “Una sosta di qualità?” descrivono, infatti, un quadro preoccupante del mercato autostradale: se per un verso i consumatori hanno notato una certa evoluzione dell’offerta, non sono però sfuggite le ricadute sui prezzi a causa di una concorrenza realizzata solo in parte; su questo deve intervenire l’Autorità Antitrust prendendo atto, in particolare, dell’anomalia del sistema nel nostro Paese rispetto a quanto accade nel resto d’Europa.
A causa della crisi, il traffico totale in autostrada ha subìto nell’anno scorso un decremento in media superiore al 7% con punte del -15%, mentre le vendite della ristorazione sono calate negli ultimi due anni del 18%; in un simile contesto non è accettabile che le dinamiche di prezzo siano incise così negativamente dal meccanismo delle royalties che i singoli operatori (Autogrill, My Chef, Chef Express, Sarni) devono pagare ai concessionari come Autostrade per l’Italia (ASPI) nell’ordine del 30% del fatturato.
Questo costo si scarica in buona parte sul consumatore (con prezzi più elevati fino anche al 20%) ed in parte sui citati operatori che, infatti, hanno dichiarato lo stato di crisi avendo registrato perdite di esercizio nel 2012 pari a circa 50 milioni di euro.
Se si vuole evitare che, come spesso accade nel nostro Paese, l’interesse di pochi (e nello specifico ci riferiamo ai concessionari autostradali) prevalga su quello di molti (e cioè imprese e consumatori) si rende urgente l’intervento dell’Antitrust prima che, in un momento di così grave incertezza, il decadimento dell’offerta rovini anche la reputazione del nostro Paese in Europa.